Dovlatov, scrittore russo a New York. Sulle manipolazioni traduttive e la censura identitaria
Pubblicato 2025-06-25
Parole chiave
- Dovlatov,
- identità,
- traduzioni,
- manipolazioni,
- sovietofobia
Come citare
Copyright (c) 2025 Laura Salmon

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Abstract
Dovlatov non era un dissidente, né uno scrittore americano, né odiava il suo Paese. Oggetto prevalente delle sue povesti è il suo passato sovietico, ma anche le pagine dedicate all’emigrazione americana riflettono un approccio critico-umoristico in nulla allineato ai postulati ideologici della dissidenza. L’appartenenza di Dovlatov alla cultura russa («voglio solo essere uno scrittore russo») appare consapevole ed esplicita, nonché cruciale per l’interpretazione della sua opera e del suo stile. Proprio la distanza etico-estetica dello scrittore dalla coeva sovietofobia americana spiega talune vistose manipolazioni dei suoi testi in traduzione americana. In particolare, viene qui illustrato il caso emblematico del cap. 13 di Naši (cfr. Ours 1989), in cui A. Frydman opera una stupefacente riscrittura, cancellando sia i valori etico-identitari dell’autore, sia il raffinato umorismo russo che ne deriva.